Venerdì 20 settembre cena popolare in Piazza Tasso, dopo il mercato contadino. Il ricavato sarà devoluto in sostegno delle spese legali di Voci dalla Macchia, e per chi non sapesse di cosa stiamo parlando ecco il testo esplicativo:
Il 18 novembre 2011 Voci dalla Macchia tentò di riappropriarsi di uno spazio all’interno dell’area
ferroviaria di Pontassieve, facente parte un complesso di 9 ettari costituito da palazzine e edifici
industriali abbandonati da oltre vent’anni, già scenario nel 2006 di una precedente e fruttuosa
esperienza di occupazione durata alcuni mesi.
La risposta dei solerti carabinieri di paese giunse alle 9 del mattino seguente. In 6 “dei nostri” si
barricarono sul tetto e lì resistettero per ben 2 giorni, mentre in strada un nutrito presidio solidale giocò
ogni sua carta nel tentativo di difendere quella neonata esperienza, in un clima determinato e
conviviale, tra incursioni, pratiche di lotta, “battiture” e danze. Data l’inconcludenza dei militari locali,
il secondo giorno fu invece la Questura ad apporre il punto definitivo, mostrando i muscoli con decine
di uomini in assetto antisommossa e minacciosi blindati.
Nella piccola Pontassieve si espresse un eloquente e rappresentativo esempio della mano repressiva
dello Stato, che sempre più frequentemente si prodiga nel tacitare qualsiasi espressione non conforme
alle sue regole, dalle piccole e quotidiane esperienze di alternatività sino ai più partecipati momenti di
conflitto. Ed ecco che operazioni poliziesche e puntuali montature giudiziarie si abbattono sulle varie
“anomalie”: le resistenze diffuse per le grandi e piccole opere di devastazione, le rivendicazioni dei
lavoratori sfruttati, le lotte dei senza casa, dei migranti, degli esclusi. Gli obiettivi, chiaramente, sono
molteplici: riaffermare, con la forza, un potere momentaneamente messo in discussione, man mano
erodere le varie pratiche di movimento, lotta, solidarietà (basta con volantinaggi, cortei, occupazioni,
presidi, occasioni di incontro e relazione non autorizzate), difendere gli interessi di tutti quegli sporchi
affaristi che trattano i nostri territori come un’esclusiva proprietà privata, pronta ad alimentare la loro
avida fame di profitto.
Negli 8 anni che separano l’oggi da quel lontano 2011, lo Stato non ha tardato nel presentarci il Suo
conto per totali 4 capi d’imputazione e 5 denunciati: invasione di edifici, danneggiamento, interruzione
di pubblico servizio e resistenza. È quindi punito l’intento di squarciare il grigiore di una cittadinadormitorio, tentando di restituire spazi autogestiti alla collettività, occupandoli, senza sottostare
all’obbligo dei permessi o al ricatto degli affitti. È punito tranciare un catenaccio arrugginito per
riaprire un cancello chiuso da un decennio, interrompendo un immaginario pubblico servizio. È punito
impedire ad un qualsiasi “mezzuomo” in divisa di puntare telecamere per schedare, identificare e
meglio elargire queste specifiche punizioni. Così come sono punite tutte quelle gesta, tutti quegli
individui che, anche se solo per un breve istante, godono nel liberarsi dalle quotidiane catene,
disobbediscono agli ordini di un padrone, si ribellano alle sempre più misere condizioni di lavoro,
alzano la testa contro le prepotenze poliziesche.
Ma tornando a “noi”, com’è andata a finire, poi? Il processo di appello si è inabissato nei fondali delle
grigie procedure della Giustizia, salvo riemergere, nel maggio 2019, con la flebile brezza della
prescrizione. Nessun verdetto definitivo, quindi: né assolti, né condannati. Un “pareggio” al costo di
qualche migliaio di euro per le routinarie spese legali per le quali, oggi, vi chiediamo un solidale e
generoso contributo!
E a noi cosa rimane? Ricordi pesanti come macigni … e la voglia di provarci ancora … … … ?
Macchie solidali