Pasquale Abatangelo ha settantatre anni di cui venti passati in carcere, sei in regime di semilibertà e quattro in libertà vigilata. La sua storia inizia nella periferia di Firenze: Figlio di proletari immigrati, dopo una serie di esperienze di strada ed i primi contatti con il mondo delle carceri si lega alle lotte del movimento dei proletari prigionieri e alle lotte della sinistra rivoluzionaria di allora.
Pasquale fa una ricostruzione di quegli anni personale e lucida, anni in cui nel nostro paese si è dovuto tener conto di movimenti che praticavano l’insurrezione armata.
Ha pagato per intero il suo conto con la giustizia ma non si è mai pentito ne dissociato ed offre questo racconto senza veli e senza idealizzazioni.
Le circostanze e i fatti dei quali la “storia” non è ancora in grado di analizzare serenamente per intero il loro svolgersi, le loro motivazioni e le loro richieste, si aprono ad una lettura semplice e senza fronzoli.
In un momento come questo dove la nostra realtà vede il dibattito pubblico interrogarsi sulle questioni delle carceri e dove i “dannati della terra” (come li definisce Pasquale) si sono globalizzati rendendoci più difficile individuare differenze di classe e dove la nostra percezione ci evidenzia l’iniquità del nostro mondo ed i mille disagi conseguenti, il racconto di Pasquale merita attenzione e riflessione.